Inutile girarci intorno, trovare scuse o alibi. Complotti o dietrologie. Che ci piaccia o no, siamo in isolamento a causa del coronavirus. Ci siamo fermati. Bloccati. Stop. Siamo stati obbligati a fermarci e di vivere a casa, in una sorta di isolamento, anche se confortato dalla tecnologia. Una pausa, che ci costringe a guardarci dentro, come da tempo non siamo abituati a far e... siamo tutti nella stessa barca, ma più forti, più tenaci, più responsabili, più degni di appartenere al genere umano. Ma soprattutto, pronti a ripartire con più entusiasmo e voglia di vivere, quando questo incubo sarà finito.
Tratto da Exibart n. 21 marzo 2020 di Ludovico Pratesi
Partendo da queste riflessioni e traendo ispirazione anche da artisti, opere o movimenti artistici a loro congeniali, i ragazzi hanno realizzato un proprio progetto sul tema della vita al tempo del Covid19, non solo come limitazione della libertà personale ma come cambiamento di vita, dando prova delle loro capacità interpretative ed espressive e delle competenze tecnico-artistiche.
Durante il periodo di quarantena, causa covid-19, ci è stato chiesto di riflettere su questa malattia virale. Il covid è stata un’esperienza di epidemia che non si viveva più da secoli in europa e che ha lasciato tutti spiazzati. Inizialmente non si sapeva bene cosa pensare e come agire. Il fatto che anche solo stare vicino ad un’altra persona potesse essere causa di contagio ha scatenato il panico.
PROGETTO:
Ho deciso di rappresentare le gocce di saliva dal punto di vista delle persone: tanto piccole, ma con conseguenze fisiche e psicologiche gigantesche. Ho pensato di poter fare una fotografia mentre una persona parla, poter fare un super ingrandimento e cogliere le più piccole di queste gocce infettive.
L’opera sarebbe di grandi dimensioni, gocce di diametro da 1 a 3 metri circa.
Sarebbero appese al soffitto , a distanza di un metro tra loro: la distanza che abbiamo dovuto tutti rispettare durante la quarantena.
Renderei questa lontananza il più impercettibile possibile giocando con illusioni ottiche.
Le bolle d’acqua, realizzate in resina trasparente, sarebbero vuote all’interno per rendere la scultura più leggera e quindi installabile sul soffitto.
LUCE E OMBRA
Chi siamo? Dove ci troviamo? Cosa sentiamo? Quando ci guardiamo allo specchio ci riconosciamo? Cosa nascondiamo? Ogni individuo a dentro di se un lato nascosto, ovvero, una profondità insondabile dagli altri. Noi come individui la conosciamo?
“Chi si è sempre attenuto agli ordini ricevuti, si è limitato a mangiare la propria razione di cibo, si è adeguato alla disciplina del lavoro e del campo, solo eccezionalmente è sopravvissuto più di tre mesi. Questi sono i sommersi, tutti con la stessa storia di inadeguatezza.Tra i salvati invece, emergono coloro che riescono a predominare sugli altri.” (Levi)
In questo mio lavoro sul COVID 19 esporrò un percorso introspettivo, riflessivo su questo periodo di quarantena. In questo periodo difatti, tutti quanti, reagiamo , interagiamo, ci comportiamo in diversi modi nella nostra quotidianità. Dalla scusa di portare fuori il cane a la corsa pomeridiana nei pressi di casa, quello che più di tutto gli individui vogliono è il contatto con il mondo esterno, la natura. Una natura ri-scoperta, ri-considerata dall’uomo e dall’altra parte disinvolta, rinata per quanto riguarda la flora e la fauna. Voglio fare una critica sul rapporto uomo e natura e sull’introspezione dell’individuo in particolare. Successivamente esporrò la mia visione della quarantena, attraverso le mie sensazioni e quindi un indagine sulla mia anima.
SOMMERSI SALVATI
L’opera sommersi/salvati rappresenta la rinascita, ma anche l’oblio. Durante la quarantena sono riuscita a guardarmi dentro purificando la mia anima, riscoprendo i lati più nascosti della mia mente, analizzando i più possibili attimi della mie giornate. Così ho deciso di incidere sul mio corpo, le ferite, gli sbagli, i ricordi che non mi appartenevano più, attraverso pennellate di tempera bianca, fredda, che nel momento della sua asciugatura creava delle crepe corrispondenti alle linee del mio corpo, il mio passato. Nei primi attimi ad occhi chiusi, intimorita di lasciare andare quei pensieri e un attimo dopo più consapevole, speranzosa verso il futuro, verso il prossimo.
REFLEJO NEGRO
Reflejo negro è un’opera dedicata al lato più oscuro di noi stessi, non necessariamente sbagliato o contro morale. Le persone stanno mutando e vorrebbero essere persone migliori di quelle che erano prima. Tutto questo però implica un cambiamento profondo, rinunciare alla forma per ritrovare l’essenza. L’azione che ho fatto nella mia camera è stata attaccare al muro il riflesso della parte più oscura di me e diventare parte di essa, per poterla comprendere, analizzare e chiarire.
Nell’isolamento ogni interazione è appiattita alla misura di uno schermo e ogni viaggio è ridimensionato al perimetro della nostra dimora, volti e strade sono stati sostituiti da cemento e intonaco e sono le nostre emozioni e le nostre fantasie a renderli vivi.
Non sono quindi le nostre case una proiezione di noi stessi? Siamo tanto abituati agli oggetti che ci circondano che spesso non ci accorgiamo più di loro, non ne distinguiamo più i dettagli né i contorni e le nostre case ci appaiono monotone e ci annoiano. Ma non sono esse la nostra intimità più profonda?
Non siamo noi le nostre case? Forse, guardandole e guardando noi stessi con occhi diversi, troveremo qualcosa di nuovo, o che avevamo semplicemente dimenticato.
La mia opera vuole far riflettere sul rapporto tra uomo e casa, intesa sia come luogo fisico che immateriale, vacante. Per fare questo ho deciso di parlare attraverso gli oggetti. Essi non solo definiscono la fisicità della nostra dimora ma contengono in loro anche un valore astratto, come ogni cosa d’altronde, sono impregnati di proiezioni della nostra individualità, di quel mondo unico in cui ognuno di noi vive. Il “pianeta” di oggetti è quindi una sintesi materiale e concreta di quel nostro mondo interiore che negli oggetti si riflette inconsciamente. Sulle pareti rimangono invece le tracce immateriali di quelle proiezioni di noi stessi che inevitabilmente facciamo in ogni momento della nostra vita e che contornano lo spazio e il tempo. Ri-sintetizzando queste proiezioni all’origine, nel pianeta, voglio rendere visibile e concreto questo processo inconscio, nella sua applicazione più intima e usuale, la casa.
Siamo confinati nelle nostre case,
costretti a viverle come non abbiamo fatto mai prima d’ora.
Ci sentiamo oppressi e asfissiati dalla monotonia dei nostri muri,
che ha sostituito la grandiosa varietà del mondo.
E pensare che la davamo per scontata, per nostra…
Il meraviglioso risveglio della natura, finalmente libera
dalla nostra oppressione ci affascina e ci commuove,
ma al tempo stesso, ci mostra come non siamo affatto indispensabili
allo svolgersi della vita del mondo, non contiamo più di un albero…
Ah, quanto ce n’eravamo dimenticati!
La natura sboccia, fiorisce indisturbata,
sollevata dalla nostra assenza, e noi
possiamo solo contemplarla, non ne siamo più parte.