Educare la volontà dei giovani di fronte alla violenza

Educare la volontà dei giovani di fronte alla violenza (n.126)

Affermiamo subito che reputiamo la volontà la regina delle decisioni, mediante le quali il giovane raggiunge ed afferma la sua autonomia, assumendo tutte le responsabilità del suo essere ed agire nel mondo. Ciò corrisponde alla possibilità ed alla esigenza tipicamente propria dell'uomo, quella, cioè, di poter far dipendere da sé le proprie sorti, per cui, sul piano operativo, l'uomo ha bisogno di esplicare la sua libertà ed essere liberato da ogni condizionamento anche sul piano sociale.

Per quanto si riferisce in particolare alla libertà, è doveroso richiamare che senza libertà la volontà è deprivata della sua caratteristica tipicamente umana e che essa è minacciata ogni qual volta determinate condizioni sociali si sovrappongono ai processi di libera scelta.

Se sotto il profilo storico sappiamo che la forza della volontà fu chiamata in campo per negare il desiderio ("concezione vittoriana"), o se il desiderio fu liberato per prendere il posto della volontà ("concezione freudiana"), va però rilevato che la volontà che volontà o desiderio operano in un contesto sociale in cui possono essere incoraggiati o impediti, esaltati o frustrati, liberati o fatti regredire. Necessita, pertanto, farsi critici delle varie situazioni sociali soprattutto per la ricorrente pretesa della società di servirsi dei cittadini per i suoi scopi poco in linea con la volontà dei singoli e per decantare vissuti sociali operanti in direzione negativa rispetto al cammino perfettivo della civiltà. Ci riferiamo in particolare a determinate forme di violenza e a certe suggestioni provocatorie di disorientamento nel mondo dei valori.

Non tutti gli atti dell'uomo sono sotto il dominio della volontà. I meccanismi fisiologici e biologici, attivi nell'uomo, obbedendo a leggi proprie della loro natura, operano nell'uomo –e molto opportunamente- per le necessità dell'esistenza e della vita, ma essi non sono in potere della libera volontà. Per la stessa ragione si escludono dalla caratterizzazione "umana" le azioni compiute sotto l'influsso della violenza, della paura o della suggestione a cui non sia possibile resistere. Gli atti che avvengono nell'uomo, ma che non sono in libero potere dell'uomo, non si possono dire propriamente umani (S. Tommaso distingue tra "actus humanus" e "actus hominis")( Summa Theologica, Ia IIae, q.1, art.1). La caratterizzazione "umana" va riconosciuta alle azioni che l'uomo può padroneggiare liberamente: di queste egli diventa "padrone" e "signore", con queste egli celebra l'autonomia della sua volontà.

Dovendosi, pertanto, contraddistinguere l'atto umano come atto libero del soggetto esso dovrà provenire dalle risorse interiori del soggetto stesso e non essere inquinato da condizionamenti di qualsiasi genere. Si tratta di una purezza che esprime e testimonia l'identità del soggetto nel momento del suo agire. Tuttavia, se queste facoltà sono destinate a qualificare la libertà del soggetto, occorre non solo salvaguardarle nella loro autenticità, ma anche svilupparne il potere. Osserva Assaggioli che, solo sviluppando le facoltà interiori, l'uomo può allontanare i pericoli che derivano dalla perdita di controllo delle forze naturali a sua disposizione e divenire vittima delle sue stesse conquiste (Cfr.R.Assaggioli, L'atto di volontà, Roma, Astrolabio, 1977, p.13). Si tratta del dominio di sé come padronanza delle proprie energie interiori e del controllo delle relazioni col mondo per non caderne succubo.

E' in questione la libertà delle scelte che si intendono fare di propria iniziativa e sulla scorta di motivazioni del tutto personali. La libertà delle scelte, infatti, poggia sulla naturale struttura della volontà che è in stretto collegamento con il centro dell'essere, l'io, al quale appartiene la funzione di decidere cosa si deve fare e a quali mezzi ricorrere per giungere ai risultati desiderati, nonostante tutti gli ostacoli e le difficoltà (Cfr.R.Assaggioli, L'atto di volontà, l.c.)

Il giovane, oggi più che una volta, può facilmente essere travolto da realtà sociali condizionanti, per cui si richiede da lui, oltre la capacità di affermare le sue concezioni della vita ed i suoi valori personali, un potenziamento delle sue forze interiori. In altri termini si richiede da lui una forte in ordine alla coerenza con se stesso, ossia una volontà libera, capace, cioè, di affermarsi nella libertà, al di là e nonostante le eventuali resistenze dell'ambiente sociale.

Un'attenzione particolare va anche portata al mondo giovanile per gli aspetti della sua positività educativa ma anche per gli eventuali rischi contro i quali si può infrangere la volontà personale.

Il gruppo nasce come esigenza profondamente umana da parte dei giovani di fare esperienze insieme con i coetanei, in settori che oltrepassano le competenze familiari e scolastiche e che conservano il carattere di apertura totale alle novità che continuamente affiorano nella società in trasformazione. Non riteniamo, dunque, che il gruppo giovanile nasca in opposizione al mondo degli adulti, con carattere antiadultistico. Tuttavia non possiamo ignorare che certe espressioni abbiano assunto in passato o possano ancora assumere forme di contestazione e rifiuto del mondo adulto o anche di violenza.

La vita di gruppo va ritenuta per molti versi benefica ma non priva di eventuali rischi. Essa è idonea a favorire l'espressione della propria personalità e a rafforzare la socialità: nel gruppo, infatti, si raggiunge un maggior grado di comunicabilità e si mette alla prova la propria valenza. Il giovane può crescere in maturità perché impara ad osservare e valutare gli atteggiamenti degli altri, e, se non si adagia, impara ad affermare i suoi ed il coraggio di essere se stesso, fino al punto di potersi dissociare dalla violenza nella eventualità di tale comportamento del gruppo. Per dissociarsi occorre capacità critica per discernere, vigilanza su di sé per tenersi distaccato e coerenza con la propria identità culturale: tutto questo in nome del rifiuto del metodo della violenza, al di là dei fini che con essa si vorrebbero raggiungere Cfr.P.Zaffi Talmonti, La pedagogia della violenza, In La violenza e i giovani, a cura del Centro Studi e Ricerche sui rapporti umani, Roma, Ed.Abete,1975, pp.221-225; Cfr.Aa.Vv.,Giovani e violenza, Roma,Edizioni TER,1998 ove si mira a spiegare ed interpretare la violenza nei gruppi giovanili e negli stadi). L'uomo non nasce "naturalmente" violento; tuttavia tutti possono diventare violenti, ma chiunque ha la capacità di resistere alla violenza e, se c'è bisogno, di lottare contro ciò che impedisce la propria autonomia, ciascuno ha la possibilità di farlo impiegando le proprie potenzialità positive senza cedere alla distruttività (Cfr. J. Sémelin, Per uscire dalla violenza, Torino, Ed. Gruppo Abele,1985, passim; cfr. pure P. Zaffi, La pedagogia della violenza,pp.229-232). Far leva sulla volontà significa optare per la propria autonomia ed impegnarsi con i migliori valori per i quali la volontà umana stessa è fatta: nessuno è fatto per il male (Cfr.L.Secco, Educazione alla volontà, Verona, Libreria Universitaria Editrice, 1997)