La sospensione dei servizi condominiali al condomino moroso

giovedì 13 giugno 2019 di Emilio Curci

Con l'entrata in vigore della legge n. 220 del 20.12.2012 (c.d. Riforma del Condominio) la questione del recupero dei crediti condominiali è stata interessata da un'importante modifica riguardante le responsabilità e le modalità di agire dell'amministratore che, invero, già prima della riforma, ai sensi dell'art. 1130 c.c., aveva comunque l'onere di curare la riscossione dei contributi “per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni”.

Sul punto però il nuovo articolo 1129 del Codice Civile (al comma 9) impone all’Amministratore “salvo che sia stato espressamente dispensato dall’Assemblea”, di “agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso” prevedendo, peraltro, anche come grave irregolarità (comma 12) l'ipotesi in cui l'Amministratore stesso abbia “omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva” per la riscossione delle somme dovute al condominio.

Ciò premesso solo al fine di inquadrare la materia, tralasciando l'esame dello strumento tradizionale di recupero giudiziario del credito, con il presente contributo si intende soffermarsi un altro importante strumento "coercitivo" che la legge mette a disposizione dell'amministratore per spingere il condomino moroso ad adempiere la propria obbligazione pecuniaria nei confronti del condominio.

Si tratta, cioè, di quanto previsto nell'art. 63 comma 3 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile, per l'ipotesi "di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre”, e cioè l'espressa possibilità, ove ricorra tale condizione, di “sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato” senza che ci sia bisogno che tale possibilità sia prevista (come avveniva ante riforma) nel regolamento di condominio.

La norma che ovviamente deve essere oggetto di opportuna interpretazione, come è evidente lascia spazio a diverse riflessioni che, nel proseguo cercheremo di esaminare.

Dalla lettura dell'articolo citato emerge innanzitutto una condizione oggettiva e cioè quella di aver protratto per il condomino la propria morosità per oltre un semestre.

Ma cosa si intende esattamente per una morosità nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre ?

Bisogna cioè chiedersi se il semestre si riferisca al termine temporale dal momento in cui è sorta l'obbligazione (es: approvazione del bilancio), ovvero, dal momento in cui il condomino è stato messo in mora (es: a mezzo racc. a/r da parte dell'amministratore o di un avvocato) ovvero ancora dal momento in cui si è accumulata una morosità relativa ad un periodo di esercizio superiore a sei mensilità (es: sei rate mensili ordinarie scadute) ?

Effettivamente non è possibile dare una risposta certa a tali domande anche perchè la norma sul punto non brilla per chiarezza, aprendosi appunto quantomeno ad una delle interpretazioni e/o valutazioni sopra citate.

In ogni caso, partendo dal tenore letterale della norma l'interpretazione più corretta, sembrerebbe essere quella del decorso di sei mesi dalla messa in mora da parte dell'amministratore, non trattandosi di "morosità automatica" prevista dalla legge solo in alcune ipotesi tipiche.

Esemplificando, qualora il condomino sia stato messo in mora dall'amministratore ed entro sei mesi da tale messa in mora non provveda al pagamento di quanto ancora dovuto si verifica la condizione oggettiva prevista dalla legge.

Il secondo requisito, evidentemente più complesso, riguarda la possibilità di distacco dai servizi che siano suscettibili di "godimento separato", dovendosi perciò espressamente escludere tutti quelli che invece non abbiano tali caratteristiche di "separazione" (es: la pulizia delle scale, l’illuminazione delle parti comuni, la portineria, l’accesso alle parti comuni, ecc..).

In sostanza non potrebbe essere mai negato al condominio, seppur moroso l'accesso alle parti comuni, all'illuminazione delle scale, alla pulizia, ecc..

Ma quali sono invece i servizi che siano suscettibili di godimento separato ?

Pur non potendo fornire un elenco esaustivo anche perchè condizionato dalla natura differente dei condomini è possibile concentrare l'attenzione su alcune delle ipotesi più frequenti quali quelle relative al distacco dell'acqua, del riscaldamento o dell'ascensore.

Su tali punti si sono alternate differenti pronunce giurisprudenziali anche con orientamenti diversi, ma comunque, per gran parte concentrate sul problema del difficile equilibrio tra la tutela delle ragioni dei condomini invece adempienti e la tutela dei diritti essenziali (anche della salute) dei condomini morosi.

La giurisprudenza ha ulteriormente ampliato la propria riflessione oltre che sul concetto di "godimento separato" sulla natura dei servizi condominiali dei quali eventualmente privare il condomino moroso e cioè sulla distinzione tra quelli "essenziali" e non "essenziali", dovendosi intendere i primi quali quelli per lo svolgimento di attività quotidiane "vitali" (es: luce, acqua e gas) e per i secondi quelli appunto di minore importanza (es: l'accesso a locali deposito, alla piscina, al parcheggio, l'utilizzo dell'impianto tv, ecc...).

Riguardo all'approvvigionamento idrico uno dei provvedimenti un'ordinanza del Tribunale di Brescia n. 15600 del 29.9.2014) la quale ritiene che la fornitura di acqua non sia un servizio condominiale, ma sia fornito dell’Ente erogatore (es: Acquedotto), mentre, l’interruzione dell’acqua nei confronti dei morosi minaccia diritti costituzionalmente garantiti alla vita e alla salute.

Quanto all’impianto di riscaldamento, dello stesso tenore il provvedimento del Tribunale di Milano (Ordinanza del 21.10.2015) che ha espressamente negato la possibilità di sospensione, ritenendo che l’interruzione del riscaldamento, nel periodo invernale minacci diritti costituzionalmente garantiti alla vita e alla salute determinando un danno irreparabile.

A conclusioni, invece, non favorevoli per il condomino moroso è giunto il Tribunale di Roma con ordinanza del 27 giugno 2014 che ha invece, consentito la sospensione della fornitura del riscaldamento mediante interruzione dell’afflusso dell’acqua calda dalle tubazioni condominiali verso i radiatori posti all’interno dell’unità immobiliare.

Di segno, contrario va però segnalata la pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza del 30.11.2015 n° 47276 ) che ha confermato una precedente pronuncia resa dalla Corte d’Appello di Torino che aveva comminato una condanna al gestore di un residence per aver disattivato l’energia elettrica al condomino moroso, alla pena di euro 250 oltre al risarcimento del danno per il reato di cui all’art. 392 C.P. (esercizio arbitrario delle proprie ragioni” c.p.).

Proprio in virtù di tali conclusioni è ragionevole affermare che, al fine di evitare tali rischi, l'amministratore che intenda procedere alla sospensione di servizi, prima di farlo, chieda l'autorizzazione al giudice civile anche attraverso il ricorso ad un provvedimento di urgenza.

In tal senso va citata anche un'ordinanza del Tribunale di Bologna del 15 settembre 2017 che non ha concesso il distacco nei confronti del condomino moroso dei servizi di riscaldamento ed acqua, andando tale situazione a pregiudicare i diritti fondamentali della persona, essendo preminente la tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.) rispetto ai diritti di natura patrimoniale.

Peraltro sempre la richiamata pronuncia ha fatto espresso riferimento ad un recente provvedimento normativo e cioè il Dpcm 29 agosto 2016 “Disposizioni in materia di contenimento della morosità nel servizio idrico integrato”.

Tale norma, sebbene rivolta ai gestori del servizio e non ai condomini ha, infatti, stabilito che "l'interruzione della somministrazione di acqua all'utente moroso deve tenere conto di molteplici fattori di varia natura, da quelli alimentari, igienico-sanitari e di tutela della salute e della tipologia di utente a quelli di tutela della risorsa fino alla necessità di copertura dei costi del servizio a garanzia dell'equilibrio economico finanziario della gestione" specificando, peraltro che "il quantitativo minimo di acqua vitale necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali alimentari, igienico sanitari e di tutela della salute è stabilito in 50 litri per abitante al giorno" e che "nelle utenze in documentate condizioni economiche disagiate deve essere garantito anche in caso di morosità".

Di segno contrario però va segnalata un'altra ordinanza, sempre resa dal Tribunale di Bologna (emessa il 3 aprile 2018) con la quale, ha invece ritenuto non «intangibili» i servizi di acqua e gas a fronte di una perdurante morosità del condomino non potendosi fare generico riferimento al contenuto dell'art. 32 della Costituzione poichè, nell'ordinamento italiano non sussiste un obbligo per i condòmini in regola con i pagamenti di assumersi personalmente, a fini solidaristici, l’obbligazione dei condòmini morosi.

Quanto al riferimento al sopra citato Dpcm, invece tale provvedimento, partendo proprio dal tenore letterale della norma, conclude sostenendo che l'approvvigionamento idrico "minimo" possa essere garantito anche al condomino moroso soltanto in presenza di un dimostrato "stato di disagio economico-sociale", in assenza del quale il distacco dell'acqua deve essere sempre ritenuto legittimo.

Premesso quanto sopra si può sinteticamente concludere affermando che, pur in presenza dei requisiti previsti dalla legge (morosità persistente da oltre sei mesi e possibilità di godimento separato del servizio) l'amministratore del condominio faccia un'attenta valutazione sia dal punto di vista pratico (fattibilità del distacco) che dal punto di vista legale della sostenibilità dell'iniziativa.

Quanto al primo aspetto perchè oggettivamente non sempre potrebbe essere agevole operare un distacco (si pensi ad esempio ad un posto auto all'aperto al quale non sia possibile precludere l'accesso o ad un ascensore che non abbia una chiave) e quanto al secondo perchè soprattutto quando si tratta di servizi minimi essenziali quali appunto l'approvvigionamento idrico o il riscaldamento la loro privazione al condomino moroso potrebbe essere valutata illegittima dall'autorità giudiziaria.

Al fine di evitare ogni problema appare sempre e comunque, necessario dunque, si ribadisce soprattutto per i servizi essenziali, far precedere l'iniziativa da un'apposita autorizzazione rilasciata dall'autorità giudiziaria competente (ed ossia il Tribunale competente per territorio rispetto al luogo in cui è ubicato l'immobile condominiale).