SCAVO

La Missione Archeologica Italiana in Sudan al Jebel Barkal

La Missione Archeologica Italiana in Sudan - Jebel Barkal

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Ricostruzione 3D del Palazzo di Natakamani (Silvia Callegher)

STORIA DEL SITO


La Missione Archeologica Italiana in Sudan lavora al Jebel Barkal, nell'antica città di Napata, Patrimonio Mondiale Unesco, presso la moderna città di Karima (a ridosso della IV cateratta del Nilo, 440 km a nord della capitale Khartoum).

Se la regione nubiana di Kush era già ben nota all'Egitto faraonico sin dal III millennio a.C., Napata divenne centro di particolare interesse per i sovrani egiziani del Nuovo Regno, i quali intrapresero un'intensa politica espansionistica verso sud, in quanto area cruciale per gli scambi commerciali con il Mar Rosso e con l'Africa centrale, ricca di materie prime e oro.

Intorno al 1450 a.C. circa, Thutmosi III (XVIII Dinastia) raggiunse la IV cateratta del Nilo e depose il primo documento scritto al Jebel Barkal: una stele con cui il sovrano celebrava la propria vittoria sui nubiani e segnava il nuovo confine meridionale dell'Egitto. All'ombra del pinnacolo del Jebel, la "montagna pura" (ḏw wʿb), che nella sua conformazione ricorda un ureo con la corona bianca dell'Alto Egitto, Thutmosi III fondò la città di Napata.

La montagna fu considerata il luogo di nascita del dio dinastico, l'Amon criocefalo, associato all'Amon tebano "Signore dei Troni delle Due Terre". Ad Amon è dedicato il maggiore dei templi eretti sotto il Jebel, costruito in più fasi secondo un progetto simile a quello del grande tempio di Karnak.

Il Terzo Periodo Intermedio (1070-712 a.C.), con l'indebolimento del potere centrale in Egitto, vide l'emergere di una nuova dinastia, la XXV, nota come Dinastia Nubiana e rappresentata da Piankhi il quale, autoproclamatosi governatore della Nubia e dell'Alto Egitto, riuscì a espandere la propria influenza oltre Tebe, fino al Basso Egitto. Il sito di Napata deve molto al successore di Pianki, Taharqa (690-664 a.C.), al quale si deve la costruzione dei templi rupestri di Hator e Mut (B200 e B300).

Nel III secolo a.C. si colloca una fase di transizione tra la Fase Napatea (VII-III sec. a.C.) e la Fase Meroitica (III a.C. - III d.C.), segnata dallo spostamento della necropoli regale appunto da Napata a Meroe (a sud, tra la V e la VI cateratta del Nilo).

Nell'anno 30 a.C. la conquista romana di Alessandria provocò un'insurrezione egiziana che fu sostenuta da Meroe ma spenta dall'intervento di Cornelius Gallus, primo praefectus d'Egitto; a questa seguirono altre rivolte e relativi interventi di Roma, da cui la Nubia ottenne infine una remissione delle tasse in cambio del controllo del Dodecaschoenus (distretto di dodici schoenoi situato tra Philae e Pselkis).

Seguì un periodo (I sec. a.C. - I sec. d.C.) di tranquillità e benessere per la Nubia, periodo in cui si colloca proprio il regno del sovrano meroitico Natakamani (contemporano alla romana Dinastia Flavia) e la costruzione del Palazzo Reale B1500 al Jebel Barkal.

STORIA DELLA MISSIONE

Esplorato già da viaggiatori e archeologi ottocenteschi quali Frédéric Cailliaud, Karl Richard Lepsius e John Gardner Wilkinson, il sito fu oggetto di scavo per la prima volta nel 1916, da parte di George Raisner e per conto della Harvard University e del Museum of Fine Arts of Boston.

L'attività della Missione Italiana è iniziata nel 1973 sotto l'egida dell'Università di Roma "La Sapienza" e del Prof. Sergio Donadoni, giunto in Sudan dopo aver preso parte al progetto internazionale dell’UNESCO per il salvataggio delle antichità nubiane minacciate dall’invaso artificiale del Lago Nasser. Nel 2004 il testimone è passato al Prof. Alessandro Roccati e all'Università degli Studi di Torino, e dal 2011 lo scavo è di competenza dell'Università Ca' Foscari di Venezia, con il Prof. Emanuele Ciampini come direttore.

La Missione operò inizialmente su due edifici prossimi al Nilo, identificati come templi meroitici (B1300 e B1400); nel 1978 fu, però, rinvenuto il principale degli edifici collocati all'ombra della montagna (Jebel): il B1500, Palazzo Reale del sovrano meroitico Natakamani (I secolo d.C.).

L'edificio fu assegnato al sovrano grazie al rinvenimento al suo interno, nel 1984, di una stele recante i nomi di Amanitore e Arikankharor, rispettivamente moglie e figlio di Natakamani.

Dal 2014 al 2019 la Missione ha beneficiato del finanziamento Qatar-Sudan Archaeological Project (QSAP.A.34); attualmente è supportata dal Fondo Ricerche e Scavi Archeologici dell'Università Ca’ Foscari e dal Ministero degli Affari Esteri.


Professor Sergio Donadoni

SVILUPPI RECENTI

Lo scavo dell'Università Ca'Foscari, diretto dal Prof. Emanuele Ciampini, si è concentrato prevalentemente sull'indagine del settore sud-ovest del Palazzo Reale di Natakamani, l'unico non indagato dalle precedenti missioni.

In particolare, le stagioni 2016/17 e 2017/18 hanno rivelato la presenza di strutture preesistenti al Palazzo Reale, che suggerirebbero l'esistenza di almeno 4 diverse fasi occupazionali.

L'attività archeologica non è stata, però, limitata al solo Palazzo B1500, ma si è estesa anche alle strutture circostanti, connesse sia al distretto regale che all'adiacente area dei templi napatei. In particolare sono stati individuati due edifici (denominati B2300 e B1800) caratterizzati da una planimetria incerta (forse dei chioschi) ma da una notevole presenza di elementi architettonici monumentali, il cui stile mostra influenze talora egiziane, talaltra ellenistiche.

Questo aspetto testimonia il ruolo della capitale meroitica di Napata nello scenario culturale contemporaneo.

In alto da sinistra: pianta del Palazzo Reale di Natakamani e fotopiano del settore sud-ovest con le diverse fasi occupazionali (elaborazioni di Martino Gottardo).


In basso: tipologie di capitelli rinvenuti negli edifici B1500, B2100, B2200, B2300 e B2400 del Jebel Barkal

(disegni ricostruttivi di Francesca Iannarilli).

Italian Archaeological Mission in Sudan - Jebel Barkal (Meroitic Sector)

The archaeological area of Jebel Barkal (18°32′12″N 31°49′42″), in Northern Sudan, is a UNESCO World Heritage site since 2003. The site is named after the mountain (Arabic: jebel, جبل ) dominating its landscape: an approximately 100 meters high sandstone plateau rising on a flat wasteland marked by some shrubs.

Not far away, the Nile river flows – backwards in this area, from north to south – making the banks flourish and allowing the cultivations of date-palms.

The modern town of Karima lies north-east of the Jebel and is located 400 km north of Khartoum and 600 km south of the Egyptian border.

Here the Italian Archaeological Mission has been operating for its 45 years of field work.

Brief story of the site

In the mid-15th century BCE, king Thutmosis III reached the Fourth Nile Cataract and placed a stela at Jebel Barkal to mark the southernmost frontier of Egypt.

Under the shadow of the ‘Pure Mountain’ and of its cobra-shaped pinnacle, the cerimonial cenrte of Napata thrived.

During the 3rd century BCE, with the relocation of the royal necropolis at Meroe in the south, the Meroitic Period began.

After the Roman conquest of Egypt (30 BCE) Meroe established diplomatic relations and reciprocal political influences with Rome. The following era brought stability and wealth to Nubia. It is in the 1st century CE that the foundation of the royal district of Natakamani at Jebel Barkal can be dated.

Story of the Mission

The activity of the Italian Archaeological Mission in Sudan began in 1973 with Sergio Donadoni, Professor of Egyptology at ‘La Sapienza’ University in Rome.

Donadoni arrived in Sudan after taking part in the UNESCO project for the salvage of Nubian antiquities threatened with the flooding of Lake Nasser.

The first excavations brought to light the remains of two temples, but it was only in 1978 that the Italian archaeologists discovered the Royal Palace of Natakamani, destined to become pivotal in the research activities of the following forty years.

The monumentality of this building was confirmed by the subsequent discovery of some lion statues, that were to decorate and protect at least three of its four entrances.

In 1989 Professor Donadoni retired and left the direction of the Mission to his successor in the Chair of Egyptology, Alessandro Roccati, who held it for 21 year.

In 2011 the direction was handed to Emanuele Ciampini, Professor of Egyptology at ‘Ca’ Foscari’ University of Venice.

The new team of specialists and young researchers pursues an idea of renewal for the site, aimed at archaeological investigation, conservation and a more facilitated fruition by visitors.

The Mission is funded by Ca’Foscari Fund for archaeological excavations, by the Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation, and from 2014 to 2019, it has been part of the Qatar-Sudan Archaeological Project (QSAP) international programme.